Descrizione:
Sulla nascita di Pollutri esistono molto leggende tutte però frutto della fantasia popolare.
La più conosciuta fa riferimento ad un principe longobardo che aveva deciso di costruire un paese laddove avrebbe ritrovato un puledro smarrito.In realtà le cose andarono diversamente, nel 568 d.C. i Longobardi, sotto la guida del re Albano, scesero in Italia alla ricerca di nuove fonti di sostentamento e con una rapida campagna di guerra occuparono il settentrione d'Italia, e poi la Toscana, l'Abruzzo, il Molise, la Campania e la Basilicata.
In quel tempo il colle su cui sorgeva Pollutri, era ricoperto di fitti boschi e vi erano solo alcune capanne di pastori e contadini. I Longobardi, appena arrivati, fecero di tutto per integrarsi alla popolazione autoctona. Sicchè il borgo si ingrandì tanto che già nel 580 aveva molta importanza ed il suo territorio arrivava fino al mare, mentre era delimitato, all'interno, dai fiumi Sinello ed Osento. Il nome di Pollutri deriverebbe da un tempio dedicato a Polluce.
Nel medioevo il territorio pollutrese è governato da un emissario reale che risiede a Vasto. Dal 1279 anno in cui re Carlo, disceso in Italia conquistò tutto il Meridione, Pollutri entra a far parte del Regno di Napoli, da cui politicamente dipenderà fino al 1860, quando Garibaldi cacciò i Borboni. In questo stesso anno , Re Carlo impone pesanti gabelle sia ai Pollutresi che a quelli dei paesi del circondario. Il 28 agosto 1292, L'Università , che costituiva il centro della vita civile, elegge come giudici supremi di Pollutri: Giacomo Gizio, Stefano Di Lorenzo e Roberto De Fura.
Dal periodo 1300-1600 le notizie sono pochissime. Solo lo storico Nicola Faraglia in "Rassegna abruzzese" (Casalbordino, Edizione De Angelis, 1898, num. 5-6 pagina 225 ) dà notizia del censimento effettuato in Pollutri nell'anno 1447 prima e 1596 poi. Nel 1447, il nostro comune registra settanta famiglie e 353 abitanti; nel 1596 le famiglie salgono a 133 mentre si ignora il numero esatto degli abitanti.
Nel 1576 vi fu l'apparizione della Madonna ad un nostro concittadino, Alessandro Muzio, riportata dal figlio Giuseppe, arciprete di Pollutri, nel libro unico dei battezzati, dei morti e dei cresimati, conservato nell'Archivio parrocchiale e riassunto da Gabriele D'Annunzio ne "Il Trionfo della Morte" (edizione Treves, Milano, pagine 297-1903). In questo libro non vi sono altre notizie se non la testimonianza del patrimonio che la chiesa di Pollutri possedeva nel territorio circostante.
Nel 1669 Pollutri fa parte del feudo del principe Matteo di Conca di Capua. Fino alla discesa degli Svevi, il territorio del nostro comune viene governato da emissari regi. In seguito entra a far parte della Contea di Monteodorisio che ebbe come primo feudatario Odorisio conte dei Marsi.
Della contea facevano parte altri dodici paesi: Pennaluce, Cupello, Scerni, Casalbordino, Guilmi, Villalfonsina, Lentella, Furci, Gissi, Casalanguida, Liscia e Colledimezzo. Successivamente, il governo della contea viene affidato da Corradino di Svezia a Corrado d'Antiochia, nipote di Federico secondo. Con la sconfitta degli Svevi ad opera degli Angioini, la Contea di Monteodorisio, che come detto comprendeva anche le terre di Pollutri, viene assegnata a Bonifacio di Gilberto e, successivamente, a Carlo d'Artois, Lalle Campaneschi, Luigi di Taranto e Francesco del Cozzo o del Borgo, che lasciò tutto in eredità alla sua unica figlia Giovanna. La quale dopo aver sposato Francesco D'Aquino, conte di Penne, perdette la contea ad opera delle truppe di Braccio di Montone ed Attendolo Sforza.
Ma non molto tempo dopo, il conte di Penne, Franceso D'Aquino, con truppe fresche e ben addestrate, riconquistò la contea di Monteodorisio, e, quindi anche il nostro territorio, che donò subito alla nipote Antonella, moglie di Junico d'Avalos, valoroso generale di origine spagnola. Dal 1700, Pollutri seguirà le sorti dei D'Avalos di Vasto.
Pollutri può vantare la presenza, nel suo territorio, del bosco di Don Venanzio: un delicato e prezioso, oltre che raro, esempio di bosco planiziare, verso il quale hanno rivolto la propria attenzione scenziati ed ecologisti, infatti il Bosco di Don Venanzio è uno degli ultimi lembi di bosco planiziare della costa adriatica. Purtroppo quello che possiamo vedere oggi non è altro che quello che resta di un bosco molto più ampio ed esteso presso il fiume Sinello.